Il neurofeedback nel disturbo da deficit di attenzione/iperattivitàIl neurofeedback nel disturbo da deficit di attenzione/iperattività

Introduzione

In un mondo che corre veloce, dove l’attenzione è costantemente messa alla prova, non sorprende che il Disturbo da Deficit di Attenzione e Iperattività (ADHD) sia una delle diagnosi più comuni nell’infanzia. Ma non si tratta solo di bambini che faticano a concentrarsi a scuola: l’ADHD può influenzare profondamente la qualità della vita di individui di tutte le età.

Fortunatamente, la scienza non sta ferma e una delle tecniche più promettenti che sta emergendo per gestire questo disturbo è il neurofeedback. Questa tecnologia, che può sembrare uscita da un romanzo di fantascienza, è in realtà un trattamento basato su principi scientifici solidi che offre un nuovo orizzonte di speranza.

L’ADHD ha una prevalenza mondiale di circa il 5% nei bambini e del 2,8% negli adulti, con una maggiore frequenza nei maschi rispetto alle femmine, soprattutto per quanto riguarda l’iperattività/impulsività.

Circa due terzi dei bambini con ADHD continueranno ad avere una compromissione funzionale anche in età adulta.

Il neurofeedback utilizza tecniche di imaging cerebrale per insegnare agli individui a modulare la propria attività cerebrale. Attraverso un processo che combina tecnologia e apprendimento, i pazienti imparano a controllare e modificare i propri schemi neurali.

Ma come funziona esattamente? E quali benefici può realmente offrire a chi soffre di ADHD?

In questo articolo, esploreremo il ruolo del neurofeedback come strumento terapeutico, discutendo le sue basi scientifiche, i risultati ottenuti e le testimonianze di chi ha visto migliorare significativamente la propria vita grazie a questa tecnologia.

Prepariamoci a immergerci nel mondo del neurofeedback e a scoprire come può trasformare la lotta contro l’ADHD.

Punti chiave

  • L’ADHD è un disturbo del neurosviluppo diffuso e invalidante.
  • I farmaci sono efficaci a breve termine ma non garantiscono benefici duraturi.
  • Il neurofeedback può modulare la funzione cerebrale attraverso un training cognitivo ed è risultato promettente nel trattamento dell’ADHD.
  • Gli effetti dell’ADHD possono durare anche dopo la conclusione del trattamento.
  • Il neurofeedback offre un trattamento personalizzato basato sulle esigenze del paziente.
  • Questo approccio non ha gli effetti collaterali dei farmaci stimolanti, ed è quindi una scelta sicura per molti pazienti.
  • Il neurofeedback può essere integrato con altre forme di trattamento per ottenere benefici complessivamente maggiori.
  • Ulteriori ricerche sono necessarie per consolidare e ottimizzare il neurofeedback.

Il neurofeedback come trattamento per l’ADHD

Il neurofeedback (NF) rappresenta un approccio terapeutico innovativo per il trattamento del disturbo da deficit di attenzione/iperattività (ADHD), una condizione neurologica caratterizzata da disattenzione, iperattività e impulsività. Questa tecnica si basa sull’uso di feedback biologici per aiutare gli individui a modulare la propria attività cerebrale, migliorando così i sintomi associati all’ADHD.

Breve Storia e Ambiti di Applicazione del Neurofeedback

Il neurofeedback ha radici storiche che risalgono agli anni ’60, quando i ricercatori iniziarono a esplorare il potenziale del condizionamento operante applicato all’attività cerebrale umana. Da allora, il NF è stato utilizzato in vari contesti clinici, non solo per l’ADHD ma anche per disturbi come l’ansia, la depressione e i disturbi del sonno, dimostrando la sua versatilità e efficacia in diversi ambiti di applicazione.

Protocolli di Neurofeedback per il trattamento dell’ADHD

Quando si parla di trattamento dell’ADHD attraverso il neurofeedback, ci si riferisce a una tecnica avanzata che si appoggia su specifici protocolli per modulare l’attività cerebrale. Questi protocolli sono fondamentali per indirizzare con precisione le anomalie nelle frequenze cerebrali che caratterizzano l’ADHD.

Vediamo insieme i più utilizzati:

Theta/Beta

Il rapporto Theta/Beta è uno degli aspetti più studiati nel contesto dell’ADHD. Normalmente, un alto rapporto Theta/Beta può indicare difficoltà di attenzione. Il protocollo Theta/Beta punta quindi a diminuire l’attività theta (frequenze lente associate a stati di sonnolenza o di riflessione profonda) e ad aumentare l’attività beta (frequenze più rapide associate alla concentrazione e al risveglio). Regolando questo equilibrio, si cerca di migliorare la focalizzazione e la gestione dell’attenzione nei pazienti.

SMR (Sensorimotor Rhythm)

Il ritmo sensorimotorio, o SMR, è una frequenza particolare che si manifesta quando siamo calmi e fisicamente rilassati, ma mentalmente vigili. Stimolando l’attività SMR, questo protocollo aiuta a migliorare la concentrazione e a ridurre l’iperattività. È come insegnare al cervello a trovare e mantenere uno stato di calma attiva, utile soprattutto per coloro che sono facilmente distratti o impulsivi.

SCP (Slow Cortical Potentials)

I potenziali corticali lenti, o SCP, sono variazioni lente nella tensione neuronale che sono sotto il controllo volontario. Il protocollo SCP è progettato per aiutare i pazienti a diventare più consapevoli di questi segnali e a imparare a regolarli. È stato dimostrato che modificare attivamente gli SCP può aiutare a migliorare la capacità di attenzione e la preparazione alla risposta, due aree spesso problematiche per chi soffre di ADHD.

I protocolli di neurofeedback non sono scelti a caso: sono il frutto di anni di ricerca e sperimentazioni cliniche. La crescente base di dati proveniente da studi scientifici dimostra che, attraverso questi protocolli, il neurofeedback può avere un impatto significativo sui sintomi dell’ADHD.

Miglioramenti nella concentrazione, riduzioni nell’iperattività e un migliore controllo degli impulsi sono solo alcuni dei benefici che possono essere raggiunti.

Inoltre, diversi studi hanno messo in luce come il neurofeedback possa influenzare positivamente anche altri aspetti della vita dei pazienti, come l’autostima e le relazioni interpersonali. Con il neurofeedback, quindi, non si tratta solo di attenuare i sintomi, ma di promuovere un benessere complessivo e di lunga durata, apportando cambiamenti profondi e duraturi nel funzionamento cerebrale.

Attraverso un approccio che combina la tecnologia con la comprensione delle dinamiche neurali, il neurofeedback si afferma come uno strumento terapeutico all’avanguardia per affrontare l’ADHD, aprendo nuove possibilità per chi cerca soluzioni efficaci e basate sulla scienza.

Efficacia del Neurofeedback

Studi recenti hanno mostrato che il neurofeedback può portare a miglioramenti significativi nei sintomi dell’ADHD, con effetti che possono persistere nel tempo anche dopo la conclusione del trattamento. Questi miglioramenti sono stati osservati non solo in misure comportamentali ma anche in indicatori neurofisiologici, come le modifiche nell’attività elettrica cerebrale misurata attraverso l’EEG.

Ecco un riassunto dei punti chiavi dei tre articoli dei più recenti scientifici analizzati:

  1. Barth et al. (2021) hanno condotto uno studio randomizzato controllato sul neurofeedback in adulti con ADHD, confrontando il neurofeedback dei potenziali corticali lenti (SCP), il neurofeedback della spettroscopia funzionale del vicino infrarosso (fNIRS) e un training di controllo con biofeedback elettromiografico (EMG-BF). I risultati hanno mostrato miglioramenti significativi negli outcome clinici e neurocognitivi in tutti i gruppi, stabili a 6 mesi, senza differenze tra i gruppi attivi e di controllo nel campione totale. Solo nel sottogruppo degli studenti, il neurofeedback ha mostrato effetti superiori rispetto al controllo. Lo studio suggerisce che il neurofeedback è fattibile negli adulti con ADHD, con meccanismi d’azione sia specifici che aspecifici[1].
  2. Rubia et al. (2019) hanno studiato i cambiamenti nella connettività funzionale associati al neurofeedback fMRI della corteccia frontale inferiore destra (rIFC) in adolescenti con ADHD. Il neurofeedback della rIFC ha portato a un rafforzamento della connettività nelle reti fronto-striatali e fronto-cerebellari implicate nel controllo cognitivo e a una riduzione della connettività con le regioni posteriori del default mode network. Questi cambiamenti nella connettività funzionale erano associati a miglioramenti clinici. Lo studio dimostra che il neurofeedback fMRI può modificare le reti neurali alterate nell’ADHD, con effetti terapeutici.
  3. Luo et al. (2023) hanno confrontato l’efficacia del training cognitivo computerizzato, del neurofeedback e del training combinato, somministrati da remoto, nel trattamento di bambini con ADHD. Tutti i gruppi di training hanno mostrato miglioramenti nei sintomi di disattenzione e iperattività/impulsività, nelle funzioni esecutive e nelle abilità di vita quotidiana, con effetti maggiori per il training combinato. I miglioramenti clinici erano supportati da cambiamenti nell’attività EEG. Lo studio suggerisce che interventi di training computerizzati possono essere efficaci per l’ADHD in età evolutiva e possono essere erogati da remoto.

Un aspetto cruciale del neurofeedback è la sua capacità di offrire un trattamento personalizzato, che può essere adattato alle specifiche esigenze neurologiche di ogni individuo. Questo approccio personalizzato è particolarmente vantaggioso per l’ADHD, una condizione che presenta una grande variabilità di sintomi e gradi di severità tra i pazienti.

Il neurofeedback rappresenta un’opzione terapeutica promettente per l’ADHD, offrendo un’alternativa o un complemento ai trattamenti farmacologici tradizionali. Con la sua capacità di modulare specifiche attività cerebrali e di offrire un trattamento personalizzato, il neurofeedback si pone come una tecnica all’avanguardia nel campo delle neuroterapie.

Vantaggi e potenzialità del neurofeedback per l’ADHD

Il neurofeedback (NF) si presenta come un trattamento promettente per il disturbo da deficit di attenzione/iperattività (ADHD), offrendo diversi vantaggi sia a breve che a lungo termine. Questa tecnica, che implica l’addestramento alla regolazione dell’attività cerebrale attraverso feedback in tempo reale, ha dimostrato di poter migliorare significativamente i sintomi dell’ADHD e le funzioni cognitive associate.

Miglioramenti a breve e lungo termine sui sintomi di disattenzione, iperattività e impulsività

Il neurofeedback ha mostrato effetti positivi sui principali sintomi dell’ADHD, quali la disattenzione, l’iperattività e l’impulsività. Diversi studi hanno evidenziato come i pazienti, attraverso sessioni di NF, riescano a migliorare la loro capacità di concentrazione e controllo degli impulsi, con benefici che persistono anche dopo la conclusione del trattamento. Questi miglioramenti sono cruciali per il funzionamento quotidiano degli individui affetti da ADHD, influenzando positivamente sia l’ambito scolastico che quello lavorativo e sociale.

Effetti positivi sulle funzioni cognitive ed esecutive

Oltre ai miglioramenti comportamentali, il neurofeedback ha dimostrato di poter influenzare positivamente anche le funzioni cognitive ed esecutive. Questo include miglioramenti nella memoria di lavoro, nella capacità di pianificazione e nell’esecuzione di compiti che richiedono un alto livello di controllo cognitivo. Questi benefici sono particolarmente importanti, considerando che l’ADHD è spesso associato a deficit nelle funzioni esecutive, che compromettono la capacità di gestire e regolare il proprio comportamento in modo efficace.

Neurofeedback come approccio terapeutico neurobiologico non farmacologico

Uno dei principali vantaggi del neurofeedback è la sua natura non farmacologica. A differenza dei trattamenti tradizionali basati sull’uso di farmaci stimolanti, il NF non comporta effetti collaterali farmacologici, rendendolo un’opzione sicura e attrattiva per molti pazienti e famiglie che preferiscono approcci terapeutici alternativi.

Potenziale del neurofeedback come trattamento multimodale per l’ADHD

Infine, il neurofeedback si presenta come un trattamento che può essere efficacemente integrato in un approccio multimodale per la gestione dell’ADHD. Combinando il NF con altre forme di intervento, come terapie comportamentali o interventi psicoeducativi, è possibile ottenere un miglioramento complessivo più significativo. Questa sinergia tra diversi approcci terapeutici può massimizzare i benefici per il paziente, offrendo una gestione più completa e efficace del disturbo.

Ecco una tabella che confronta i vantaggi e gli svantaggi del trattamento del Disturbo da Deficit di Attenzione/Iperattività (ADHD) tramite neurofeedback e psicofarmaci:

Criterio Neurofeedback Psicofarmaci
Vantaggi
Efficacia a lungo termine Miglioramenti duraturi senza trattamento continuo Effetti rapidi, ma spesso limitati alla durata del trattamento
Effetti collaterali Minimi o assenti Possibili effetti collaterali significativi, come insonnia, diminuzione dell’appetito, problemi cardiaci
Personalizzazione Trattamento altamente personalizzabile in base ai pattern di attività cerebrale del paziente Approccio più generalizzato con dosaggi basati sul peso e l’età
Impatto sul benessere Può migliorare anche autostima e funzioni cognitive Focus primario sulla riduzione dei sintomi di ADHD
Costi e accessibilità Può essere costoso e non sempre disponibile Generalmente più accessibile e coperto da assicurazioni
Formazione e tempo Richiede sessioni multiple e impegno nel tempo Semplice somministrazione di farmaci
Svantaggi
Rapidità dei risultati I miglioramenti possono richiedere tempo Effetti spesso rapidi e tangibili
Disponibilità Non disponibile ovunque, necessita di tecnologia specifica Ampia disponibilità
Dipendenza Nessun rischio di dipendenza Potenziale rischio di dipendenza e necessità di gestire la sospensione del trattamento

Questa tabella fornisce una panoramica delle differenze chiave tra neurofeedback e psicofarmaci nel trattamento dell’ADHD, evidenziando come ogni opzione abbia i suoi punti di forza e di debolezza a seconda delle esigenze e delle circostanze individuali.

Potenziali svantaggi del Neurofeedback

Il neurofeedback è generalmente considerato un intervento sicuro e non invasivo. Tuttavia, come per qualsiasi tecnica di intervento, esistono possibili effetti collaterali, anche se sono solitamente lievi e transitori.

Gli effetti collaterali più comuni riportati da alcuni pazienti includono:

  • fatica,
  • ansia,
  • irritabilità,
  • mal di testa
  • e disturbi del sonno.

Questo capita perché il neurofeedback provoca dei cambiamenti nel funzionamento del cervello e, occasionalmente, questi cambiamenti possono comportare degli effetti indesiderati temporanei.

È importante notare che la probabilità di osservare effetti collaterali diminuisce con l’esperienza del terapeuta o del professionista che conduce le sessioni di neurofeedback.

Visto che il neurofeedback coinvolge un cambiamento delle abitudini cerebrali, potrebbe richiedere del tempo per le persone adattarsi a questi cambiamenti. Per questo motivo, alcuni individui potrebbero percepire uno stato di disagio temporaneo durante il periodo di adattamento.

Inoltre, nonostante l’uso del neurofeedback sia sicuro per la maggior parte delle persone, esistono alcune situazioni in cui potrebbe non essere consigliato, come nel caso di individui con gravi problemi di salute mentale o condizioni mediche gravi. In ogni caso, si raccomanda sempre di discutere qualsiasi dubbio o perplessità con un professionista sanitario competente.

Conclusioni

Il neurofeedback emerge come una tecnica promettente per il trattamento del disturbo da deficit di attenzione/iperattività (ADHD) in diverse fasce d’età. Gli studi analizzati dimostrano che il neurofeedback può essere efficace nel migliorare i sintomi dell’ADHD, come la disattenzione, l’iperattività e l’impulsività, e nel potenziare le funzioni cognitive ed esecutive nei pazienti.

Tuttavia, ulteriori ricerche sono necessarie per consolidare l’efficacia a lungo termine del neurofeedback e per ottimizzare le strategie di implementazione clinica. È fondamentale comprendere meglio i meccanismi sottostanti l’efficacia del neurofeedback e determinare quali protocolli e impostazioni siano più efficaci per specifici sottogruppi di pazienti con ADHD.

Inoltre, il neurofeedback può rappresentare un approccio complementare ai trattamenti farmacologici e psicosociali per l’ADHD. Integrando il neurofeedback con altre forme di trattamento, potrebbe essere possibile offrire un approccio terapeutico più olistico e personalizzato, che tenga conto delle esigenze specifiche di ciascun paziente.

Bibliografia

Barth, B., Mayer-Carius, K., Strehl, U., Wyckoff, S. N., Haeussinger, F. B., Fallgatter, A. J., & Ehlis, A. C. (2021). A randomized- controlled neurofeedback trial in adult attention-deficit/hyperactivity disorder. Scientific reports, 11(1), 16873.

Rubia, K., Criaud, M., Wulff, M., Alegria, A., Brinson, H., Barker, G., Stahl, D., & Giampietro, V. (2019). Functional connectivity changes associated with fMRI neurofeedback of right inferior frontal cortex in adolescents with ADHD. NeuroImage, 188, 43–58.

Luo, X., Guo, X., Zhao, Q., Zhu, Y., Chen, Y., Zhang, D., Jiang, H., Wang, Y., Johnstone, S., & Sun, L. (2023). A randomized controlled study of remote computerized cognitive, neurofeedback, and combined training in the treatment of children with attention- deficit/hyperactivity disorder. European child & adolescent
psychiatry, 32(8), 1475–1486

Info
Dottoressa in scienze e tecniche psicologiche, si interessa dell’impiego delle nuove tecnologie applicate nella salute mentale e collabora con MenteCervello.it come autrice e blogger.
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