La depressione e le malattie cardiovascolari, conosciute anche come patologie cardiovascolari o PCV, sono tra le principali cause di disabilità a livello mondiale. Queste due condizioni hanno un impatto significativo sulla spesa sanitaria pubblica, poiché comportano un aumento dell’utilizzo dei servizi sanitari e una diminuzione della produttività lavorativa. Inoltre, la depressione provoca una riduzione sostanziale nella qualità della vita delle persone affette, particolarmente se sono presenti anche patologie cardiovascolari.
Sintomi e manifestazioni della depressione
Nonostante sia abbondante la letteratura scientifica sulle singole patologie, la comprensione dei meccanismi biologici che le collegano è ancora parziale e in evoluzione.
La letteratura medica corrente suggerisce un’associazione significativa tra depressione maggiore ed eventi cardiovascolari, come l’infarto miocardico e l’insufficienza cardiaca.
Diverse ricerche indicano che la depressione maggiore potrebbe in realtà fungere da fattore predisponente per lo sviluppo delle malattie cardiovascolari, attraverso un meccanismo eziologico comune a tutte le malattie croniche: l’infiammazione cronica.
Depressione e malattie cardiovascolari: cause di mortalità incrociata
La depressione è una delle patologie mentali più diffuse nella popolazione globale. Il rischio cumulativo di insorgenza nel corso della vita varia tra il 6% e il 25%, e si stima che entro il 2030 diventerà la principale causa di disabilità a livello mondiale (attualmente rappresentata dall’insieme delle malattie cardiovascolari).
Una diagnosi di depressione secondo i criteri internazionali del DSM-5 o dell’ICD-11 identifica una condizione debilitante caratterizzata da una serie di sintomi cognitivi e biologici, tra cui:
- umore costantemente depresso;
- anedonia, ovvero l’incapacità patologica di provare piacere;
- pensieri negativi autodisvalutanti;
- affaticamento persistente e alterazioni dell’appetito;
Nei casi più gravi, la depressione può essere associata a ideazione e comportamenti suicidari, nonché a sintomi psicotici.
Per quanto concerne le malattie cardiovascolari, queste possono includere, ad esempio: la cardiopatia coronarica (CC), l’infarto miocardico acuto (IMA), l’insufficienza cardiaca (IC) e una vasta gamma di altre disfunzioni cardiache e vascolari.
Nel caso di pazienti affetti da malattie cardiovascolari, il rischio di sviluppare depressione è superiore rispetto ai pazienti senza patologie cardiache. Allo stesso modo, i pazienti con depressione hanno maggiori probabilità di sviluppare malattie cardiovascolari rispetto a coloro che non soffrono di depressione.
Interazione bidirezionale tra depressione e malattie cardiovascolari
Numerose ricerche evidenziano la presenza di una depressione subclinica tra i pazienti che ricorrono ai servizi di medicina generale. In particolare, la depressione si manifesta nei pazienti con disturbi cardiovascolari con una probabilità compresa tra il 10% e il 40%.
Questa percentuale aumenta notevolmente al 60-70% tra i pazienti ospedalizzati a seguito di un infarto miocardico acuto o nei casi di insufficienza cardiaca cronica (ICC), i quali spesso manifestano quadri depressivi da lievi a moderati.
Per quanto riguarda i pazienti sottoposti a bypass aorto-coronarico (BAC), si stima che in media tra il 15% e il 50% svilupperà depressione, mentre un ulteriore 15% di questi pazienti esibirà una depressione lieve o un umore depresso.
Pertanto, la presenza di depressione diventa un fattore predittivo indipendente di mortalità o di successive ricoveri ospedalieri.
La letteratura medica attuale suggerisce quindi un impatto delle malattie cardiovascolari sul rischio di sviluppare una forma di depressione clinicamente significativa.
Depressione: un fattore di rischio per le malattie cardiache
La letteratura medica conferma anche l’esistenza di una relazione causale inversa tra depressione e malattie cardiache.
Un’indagine americana, ad esempio, ha dimostrato che i pazienti affetti da depressione hanno il triplo del rischio di sviluppare malattie cardiovascolari rispetto a un gruppo di controllo senza disturbi dell’umore.
Uno studio asiatico su larga scala, condotto su pazienti depressi di età inferiore ai 20 anni, ha rilevato una maggiore prevalenza di cardiopatia ischemica (CI) in questi individui rispetto a un gruppo di controllo costituito da pazienti depressi di età superiore ai 20 anni. Lo studio ha quindi evidenziato che la popolazione più giovane è più suscettibile ai fattori di rischio associati a entrambe le patologie.
La depressione stessa potrebbe rappresentare un fattore di rischio indipendente per lo sviluppo di gravi malattie cardiovascolari, come ad esempio l’infarto miocardico acuto, come dimostrato da uno studio di meta-analisi, ovvero un’analisi che esamina i risultati di altri studi sullo stesso tema. Secondo questa ricerca, la gravità della depressione era direttamente proporzionale al rischio di sviluppare una forma severa di coronaropatia.
Cause di un legame pericoloso
Dato l’elevato tasso di depressione tra i pazienti con malattie cardiache, si potrebbe facilmente concludere che lo sviluppo della depressione sia causato dalla presenza di patologie cardiovascolari. Tuttavia, come menzionato in precedenza, il contrario potrebbe essere altrettanto vero.
Attualmente, si può ipotizzare che entrambe le teorie siano corrette.
Naturalmente, la depressione può avere un ruolo “causale”, poiché costituisce un importante fattore di rischio per l’insorgenza di nuove cardiopatie, e un ruolo “prognostico” a causa degli esiti negativi associati a preesistenti patologie cardiovascolari.
Depressione e malattie cardiovascolari possono sembrare due condizioni non correlate, ma sono unite da un legame che deve avere delle cause sottostanti.
Tali fattori fisiologici sono presi in considerazione da alcune teorie che suggeriscono una connessione tra depressione e malattie cardiovascolari attraverso vari gradi e livelli di compromissione di:
- il sistema nervoso autonomo;
- i processi infiammatori cronici e alcuni fattori legati alla coagulazione;
- i recettori e la funzione delle piastrine e delle citochine pro-infiammatorie;
- la funzione endoteliale;
- alcuni fattori neuro-ormonali ipotalamo-ipofisari;
- il meccanismo di trasporto della serotonina.
Trattamento della depressione in presenza di malattie cardiovascolari
Le persone che sviluppano depressione maggiore in seguito a un evento cardiaco significativo possono continuare a sperimentare sintomi depressivi anche dopo quattro mesi dalla dimissione dall’ospedale.
Pertanto, è fondamentale riconoscere la depressione nei pazienti con malattie coronariche, nonostante la mancata diagnosi nella maggior parte dei casi.
Di seguito sono elencate alcune raccomandazioni per la gestione della depressione in presenza di malattie cardiache: alcune si concentrano maggiormente sulla prevenzione, al fine di influenzare le possibili cause infiammatorie e lo stile di vita, mentre altre adottano un approccio terapeutico, come l’uso di farmaci specifici.
- Screening e diagnosi precoce: È importante identificare precocemente i sintomi della depressione nei pazienti con malattie cardiovascolari per avviare un trattamento adeguato e migliorare la prognosi.
- Interventi psicologici: Terapie come la terapia cognitivo-comportamentale (CBT) e la terapia interpersonale (IPT) si sono dimostrate efficaci nel trattamento della depressione e possono essere utili anche per i pazienti con malattie cardiovascolari.
- Farmacoterapia: In alcuni casi, l’uso di antidepressivi può essere utile per alleviare i sintomi depressivi. Tuttavia, è fondamentale considerare le possibili interazioni farmacologiche e gli effetti collaterali in relazione alle condizioni cardiache del paziente.
- Modifica dello stile di vita: L’adozione di uno stile di vita sano, comprensivo di esercizio fisico regolare, alimentazione equilibrata e riduzione dello stress, può contribuire a migliorare sia la depressione che la salute cardiaca.
- Supporto sociale e familiare: Il sostegno da parte di amici e familiari può essere cruciale nel processo di guarigione e nella gestione delle malattie cardiovascolari e della depressione.
- Monitoraggio continuo: È importante un monitoraggio costante del paziente per valutare l’efficacia del trattamento e, se necessario, apportare modifiche al piano terapeutico.
Antidepressivi e popolazione geriatrica
Nei pazienti anziani, la comorbilità è spesso la norma. La presenza di molteplici patologie porta, nel tempo, all’accumulo di numerose prescrizioni farmacologiche che, interagendo tra loro, possono causare effetti avversi significativi.
Pertanto, prima di procedere con la consulenza psicogeriatrica, è fondamentale effettuare un’anamnesi completa di tutte le patologie fisiche, una revisione accurata dei farmaci già in uso e un esame fisico approfondito da parte del geriatra.
Nel caso dei pazienti anziani, quindi:
- È importante iniziare con dosi basse per i farmaci che presentano potenziali interazioni farmacologiche, al fine di ridurre il rischio di effetti avversi e monitorare attentamente la risposta del paziente al trattamento.
- Si preferisce il trattamento per via orale rispetto a quello parenterale, a causa degli effetti dell’assorbimento rapido del farmaco. La somministrazione orale è generalmente più semplice e più sicura per i pazienti anziani, poiché riduce il rischio di complicazioni associate all’iniezione e consente un controllo più accurato delle dosi somministrate.
Inoltre, è importante considerare le seguenti precauzioni nel trattamento degli anziani con antidepressivi:
- Monitoraggio regolare: È fondamentale monitorare attentamente i pazienti anziani in terapia farmacologica per valutare l’efficacia del trattamento e identificare eventuali effetti collaterali o interazioni farmacologiche.
- Adattamento delle dosi: Le dosi di antidepressivi possono richiedere aggiustamenti a seconda della tollerabilità e della risposta al trattamento. Nei pazienti anziani, è particolarmente importante procedere con cautela nell’aumentare le dosi di farmaci, poiché gli effetti collaterali possono essere più gravi e difficili da gestire.
- Collaborazione tra specialisti: La collaborazione tra geriatri, psicogeriatrici e altri specialisti coinvolti nella cura del paziente anziano è fondamentale per garantire un approccio integrato e ottimale al trattamento della depressione in questa popolazione.
Infine, è essenziale personalizzare il trattamento in base alle specifiche esigenze del paziente anziano e considerare alternative non farmacologiche, come terapie psicologiche e interventi sullo stile di vita, per migliorare la qualità della vita e ridurre il rischio di complicazioni associate alla polifarmacia.
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