[blockquote style=”1″]E’ possibile ridurre il rischio di malattia cardiovascolare solo in coloro che non ne soffrono agendo sulla depressione[/blockquote]

Per dimostrare che la depressione può essere una causa curabile dei disturbi coronarici, sono stati condotti recentemente due studi.

Il primo studio, che ha preso in considerazione la valutazione ripetuta dei sintomi depressivi su un periodo di follow-up della durata di 20 anni, ha evidenziato delle relazioni tra la depressione con la morte coronarica e l’infarto del miocardio non fatale, ma non una relazione tra depressione e ictus.

Il secondo studio, invece, ha dimostrato che, intervenendo sulla depressione degli anziani, si può ridurre il rischio di evento cardiovascolare maggiore, ma solo negli anziani che non soffrivano già di malattia cardiovascolare.

Secondo il Dr Redford Williams della Duke University del Nord della Carolina, il quale non ha preso parte a queste ricerche, le scoperte effettuate grazie a questi studi rafforzano l’idea che la depressione sia un fattore causale della malattia cardiovascolare e che curare la depressione possa aiutare a prevenire degli eventi cardiovascolari. Egli sostiene, inoltre, che la mancanza di effetto della terapia contro la depressione in quei pazienti già affetti da disturbi cardiaci, non significa affatto che curare la depressione dei pazienti già affetti da malattie note non funziona, dato supportato da altre ricerche, in quanto ulteriori studi preliminari hanno mostrato come una gestione dello stress cognitivo- comportamentale in gruppi di pazienti affetti da disturbi coronarici è in grado di ridurre sia la morbosità che la mortalità. Infine, secondo il Dr Redford Williams: [blockquote style=”2″]Un grande studio per la prevenzione primaria sarebbe in grado di stabilire una volta per tutte che il trattamento per la depressione è efficace nel ridurre il maggiore rischio di disturbo coronarico associato alla depressione[/blockquote]

Lo studio di coorte Whitehall II

Per cercare di risolvere alcuni problemi legati a studi osservazionali precedenti, Brunner e colleghi hanno preso in esame i dati raccolti nello studio di coorte Whitehall II, nel quale è stato indagato il disturbo cardiovascolare negli impiegati inglesi con un’età media, al momento dello studio, di 44 anni. Sono stati presi in considerazione 10036 pazienti seguiti dai medici per 24 anni e sottoposti a 6 valutazioni dei sintomi depressivi secondo il General Health Questionnaire di 30 domande (GHQ-30) e ad una valutazione basata sulla Scala per la depressione del Centro strudi epidemiologici (CES-D).

Risultati

Il 23% dei soggetti è risultato positivo ai sintomi depressivi durante il follow-up del GHQ-30 e il 15% è risultato positivo durante l’unica valutazione secondo la CES-D. Dopo aver preso in considerazione variabili quali età, sesso ed etnia, il risultare positivo al GHQ-30 è stato associato all’ictus, ma solo durante dei periodi di osservazione più brevi, della durata di 5 anni. Secondo gli autori dello studio, questa scoperta, combinata ad un’altra analisi che ha mostrato che il rischio di sintomi depressivi era maggiore dopo un ictus [blockquote style=”2″]è consistente con la proposta di causalità inversa, come il fatto che le cause vascolari dei sintomi depressivi sono responsabili di questa associazione[/blockquote] La relazione, però, è risultata diversa nel caso del disturbo coronarico, in quanto il rischio di malattia era maggiore quando il numero dei pazienti risultati positivi al GHQ-30 durante il follow-up è aumentato.  [blockquote style=”2″] Questa relazione offre delle prove a sostegno della relazione causale tra la depressione e il disturbo coronarico, al contrario di quanto scoperto in riferimento all’ictus[/blockquote]

Lo studio randomizzato IMPACT

Per verificare l’effetto che il trattamento della depressione può avere sull’insorgenza di eventi cardiovascolari, Stewart e colleghi hanno eseguito un’analisi successiva allo studio IMPACT che ha mostrato che un intervento combinato di antidepressivi e psicoterapia è in grado di migliorare l’esito della depressione relativa alle cure standard nei pazienti dell’età di 60 anni e più che hanno sofferto di depressione maggiore o distimia. L’analisi ha preso in considerazione 235 pazienti randomizzati in due cliniche di cure primarie di Indianapolis seguiti per 8 anni per eventuale infarto del miocardio o ictus.

Risultati

Il 29% dei pazienti era già affetto da un disturbo cardiovascolare al momento dell’inizio dello studio. Durante il follow-up il 51% ha sofferto di un evento cardiovascolare e gli effetti del trattamento della depressione sono stati differenti a seconda dello stato del disturbo cardiovascolare di cui soffrivano già in passato, nel senso che: chi aveva già una cardiopatia non ha riscontrato una diminuzione del tasso di eventi cardiovascolari in seguito ad una terapia per la depressione. Chi non era affetto da distrubi cardiaci fin dall’inizio, invece, ha subito l’effetto della cura per la depressione in quanto il tasso di eventi cardiovascolari è stato dimezzato.

I ricercatori sostengono che: [blockquote style=”2″]Benchè i nostri risultati suggeriscano che l’intervento IMPACT potrebbe essere utilizzato come una strategia di prevenzione primaria per i disturbi delle arterie coronariche e le malattie cerebrovascolari, è ora necessario condurre uno studio randomizzato controllato volto a testare in modo definitivo la nostra ipotesi, ovvero che il trattamento della depressione tempestivo nel decorso naturale del disturbo cardiovascolare è in grado di ridurre il rischio di eventi di disturbi cardiovascolari[/blockquote]

Gli studiosi hanno riconosciuto, inoltre, che lo studio è stato limitato dalla sua struttura, dal numero esiguo di pazienti già affetti da malattie cardiache presi in esame e dall’utilizzo di pazienti provenienti solo da due dei luoghi di studio originari.

[tabs][tab title =”Fonte”]  Depressive disorder, heart disease, and stroke: dose-response and reverse causation effects in the Whitehall II cohort study” Eur J Prev Cardiol 2014; DOI: 10.1177/2047487314520785.

 Stewart J, et al “Effect of collaborative care for depression on risk of cardiovascular events: data from the IMPACT randomized controlled trial” Psychosom Med 2014; 76: 29-37. [/tab][tab title =”Revisione Scientifica”]Dott Federico Baranzini [/tab][tab title =”Immagine”] dailytimesgazette.com [/tab][/tabs]

 

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